La lettera di una giovane positiva al coronavirus al ‘Corriere della Sera’: “Una sera in discoteca e ho infettato la mia famiglia”.
ROMA – Una giovane positiva al coronavirus ha inviato una lettera al Corriere della Sera per ricordare ai suoi coetanei di non abbassare il livello di guardia per non infettare le persone più a rischio.
“Pensavo che l’estate 2020 sarebbe stata un’estate piena di noia per via del coronavirus e invece era iniziata proprio bene. Avevo la mia routine […]. Io e i miei amici avevamo deciso di non andare in discoteche e posti chiusi per evitare i contagi. Quel sabato era il compleanno del mio più caro amico, come facevamo a non festeggiare fino a tardi? Decidemmo che per una sera non sarebbe successo niente. Fu l’inizio del film horror che sto vivendo. La settimana dopo incominciai con sintomi come raffreddore e tosse, ed ho pensato che fosse per via dell’aria condizionata“.
La diagnosi
Da qui è iniziato il suo calvario: “Andai dal dottore e mi disse che non sembravano sintomi da Covid […]. Continuai a fare la mia vita normale, andavo a mangiare al ristorante con papà, giocavo con i nonni […]. La settimana dopo annunciarono che proprio in quella discoteca c’era stata una persona positiva e tamponarono tutte le persone. Il risultato del mio tampone: positivo. Fecero il test a tutti i miei familiari. Solo la mamma fu negativa. Positivi i nonni, mia cugina di 12 anni e papà. Il nonno è finito in ospedale e ora è stato dimesso e si sta riprendendo. Io, mia cugina e la nonna non abbiamo avuto problemi e dopo quattro settimane chiusi in casa siamo tornati negativi. Invece papà no […]. Da due settimane è in terapia intensiva, intubato. Sta lottando con tutte le sue forze, e io non posso vederlo, non posso aiutarlo, non posso ritornare indietro. Non me lo potrò mai personale […]“.
“L’estate peggiore della mia vita”
“Prego che papà riesca a superare anche questa – conclude la giovane – credevo che l’estate 2020 sarebbe stata solo piena di noia, invee, è diventata la peggiore della mia vita. Spero almeno che la mia storia possa essere utile ai miei coetanei“.
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